27 gennaio...la giornata della memoria
Il Giorno della memoria (per
ricordare ai giovani)
OGGI
SONO UNO DI LORO
di
Filippo Tucci
Oggi,
nel mio viaggio verso Mauthausen, sono uno di loro. Una larva d’uomo
tra le molte decine di migliaia che, muti ed attoniti, compongono
l’interminabile fila che dalla stazione ferroviaria si snoda lungo
i pendii che portano in collina, al lager. C’è il sole, la lieve
brezza mattutina, il verde dei prati. Ma i miei occhi non vedono:
sono spenti dalla sofferenza. Ho solo orecchie per ascoltare i
lamenti dei bambini, i singhiozzi delle madri, il faticoso ansare dei
vecchi. Non odo le urla inferocite dei carnefici, né i cani che
riducono a brandelli la mia carne, né il crepitio del mitra. Non
soffro per lo scudiscio che riga la mia schiena, né per l’appuntito
selciato percorso a piedi nudi. Ascolto il mio cuore. Il mio cuore
che anela alla Libertà’, ad un mondo più giusto, alla Fratellanza
ed alla Pace. Libertà: sono morti nel suo nome i miei fratelli di
ogni lingua e colore. Moriamo anche noi, morranno coloro che stimano
questo il massimo bene della loro condizione. Perché? Forse perché
è più facile immolarsi ad essa, anziché possederla, attuarla e
rispettarla, se ancor oggi – nonostante i fiumi di sangue di cui è
stata intinta la terra – gli uomini si ripetono nel tentare
di sopprimerla e nel morire? O forse, quotidianamente, gli spiriti
eletti si sacrificano perché non è stata ancora placata l’ira
della tirannia, questa mostruosa dea alla cui ara fu portato, in
olocausto, il nostro sangue? Il calvario continua. Una tetra e
sinistra fortezza ci attende, ci inghiotte, ci cancella dal mondo dei
vivi. Ora siamo dei numeri. Nello spazio limpido echeggiano secchi
comandi; nudi ed inermi per ore sotto il sole, ora rovente. Il bimbo
continua il suo pianto, il vecchio si accascia al suolo. Il mitra
riprende il suo lugubre inno alla morte. Il sangue colora di rosso
vermiglio la terra, il bimbo tace. L’urlo e lo strazio di una
madre.
La
lunga scala, interminabili e disuguali gradini, con i macigni sulle
spalle. La paura di fermarsi, il terrore di cadere, l’angoscia per
chi non ha resistito al tremendo sforzo. Centocinquantesimo gradino:
le gambe appesantite, i piedi striscianti sulla pietra. Ancora più
su. Centosessanta: le mani tremano, la spalla una piaga.
Centosettanta: la fronte imperlata d’un gelido sudore misto a
sangue, la schiena curva sotto il peso. C entottanta: le ginocchia si
curvano, sibila la frusta, cola il sangue. Centottantasei: l’incubo
è finito per chi si è fermato, continua per i sopravvissuti
finchè non resteranno solo gli aguzzini per la tragica scalata.
Il
corpo esangue e denutrito, uno scheletro ormai, viene avviato
all’ultimo martirio. Il numero si cancella. Mani di sciacalli
mutilano le membra. Il gas spegne l’ultimo anelito di vita. Il
fuoco ridà alla natura quel che le appartiene.
I
duecentomila di Mauthausen sono ora la polvere che noi calpestiamo,
sono i fiori e le piante di questa terra. Il loro messaggio ci viene
dalle steli marmoree e dalle parole scolpite sulle lapidi. Hanno
molte lingue, i martiri dei lager, ma in russo,inglese o italiano le
loro parole sono un inno alla Libertà, alla Democrazia, alla Pace
fra i popoli.
_____________________________________________________________________
Nessun commento:
Posta un commento