domenica 15 marzo 2015

Valutazione dello scrittore Santo Gioffrè al commento del suo libro scritto da Filippo Tucci

"Carissimo Filippo, ti ringrazio per l'acuta quanto certosina analisi critica del mio romanzo. Come tu stesso hai colto, il mio Romanzo, se affonda nel passato , parla molto del presente. D'altronde, era anche un mio obiettivo parlare e dire cose che la storia aveva già detto: la magnanimità, il tradimento, l'ansia religiosa. Io penso che parlare della storia delle nostre terre può servire a riparare un vulmus culturale ed uscire, anche, dagli usuali stereotipi che ci porta ad esser percepiti come fastidiosi periferici. Ti ringrazio ancora con la speranza di incontrarci presto. Abbracci affettuosi. Santo Gioffrè"

Telegramma che annuncia la nomina a Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana 2/6/1981


L'ultimo articolo di Filippo Tucci (2/3/2015)

Ho finito di leggere (e rileggere) il libro di Santo Gioffrè "il Gran Capitano e il mistero della Madonna Nera". Ecco il mio commento:
E’ un tuffo all’indietro nel tempo quello che ci propone lo scrittore calabrese Santo Gioffrè nel suo ultimo romanzo: “Il Gran Capitano e il mistero della Madonna Nera”. Gli eventi su cui si impernia la trama del libro sono compresi tra la fine del 1400 e i primi anni del 1500 e si svolgono principalmente nella città di Seminara, sullo sfondo delle tumultuose vicende che in quel periodo hanno insanguinato l’intero Regno di Napoli. Giganteggia la figura dello spagnolo don Consalvo de Cordoba, comandante delle truppe spagnole. La narrazione prende le mosse dalla prima battaglia, svoltasi nel 1495, avvenuta nei pressi di Seminara e nella quale don Consalvo de Cordoba ne uscì sconfitto. Riuscì a salvarsi la vita, grazie all’aiuto prestatogli da una bella signora locale. Dopo quest’avvio non proprio brillante, allo stesso don Consalvo arrideranno tanti successi militari che gli porteranno gloria e fama fino a farlo diventare duca di Terranova-Gerace e Vicerè del Regno di Napoli. Il personaggio certo giganteggia non solo per “il mestiere delle armi” (nel quale è stato imbattibile), ma anche perché usciva dagli schemi correnti di quell’epoca, perché era propenso a gesti di magnanimità e non si abbandonò mai ad atti di gratuita violenza ed atrocità. Si sentiva ” Romano” e doveva piacergli l’antico motto Parcere subiectis et debellare superbos, anche se non riuscì a debellare del tutto i baroni superbi ed endemicamente intriganti. Era dotato inoltre di una religiosità intima e sincera che lo legò indissolubilmente alla sacra Madonna Nera di Seminara. Nel racconto si scoprono le varie sfaccettature di Consalvo de Cordoba che accarezzò perfino l’idea di divenire Re, riconoscendo a se stesso questo diritto per avere, lui e la sua armata, conquistato il Regno di Napoli. Quest’ambizione in realtà rimase allo stato puramente teorico e, vista la situazione storica dell’epoca, non aveva oggettivamente nessuna possibilità di diventare concreta. Le grandi potenze del tempo e soprattutto il suo Re Ferdinando non lo avrebbero mai tollerato. Avrebbe avuto contro anche lo Stato della Chiesa di Papa Borgia, il cui figlio Cesare non andava molto per il sottile con i suoi nemici ed era impegnato a realizzare uno Stato Borgiano che avrebbe dovuto comprendere la gran parte d’Italia, senza contare infine l’avversità dei vecchi feudatari. Sì, forse sentiva attorno a se un diffuso consenso popolare, dovuto al suo essere diverso rispetto agli altri conquistatori, ma non era ancora giunto il tempo in cui i sudditi avrebbero potuto esprimersi sui propri Re. Il fluire leggero e accattivante di questo romanzo di Santo Gioffrè, sorretto da una trama intrigante, non tragga il lettore in inganno; vi sono dei messaggi “criptati” che, se recepiti, sono di un’attualità estrema. Intanto è singolare (ma non troppo) che lungo la vallata del fiume Petrace, teatro di cruente battaglie, non esista una targa, una segnaletica, un cippo che ricordi tali eventi. Allora come oggi, la nostra ancestrale indolenza ci tiene ai margini degli eventi. Potrebbero sembrare cose che non ci riguardano e invece sono parte integrante della nostra storia. Poi a pensarci bene, per la Calabria e per la nostra Piana cos’è cambiato in questi cinquecento e rotti anni? Sono passati i Borboni, i francesi di Gioacchino Murat, i mille di Garibaldi, i Savoia. Ora siamo un popolo sovrano in una Repubblica democratica a suffragio universale, incapaci, però, di essere arbitri del nostro destino. In questo senso ancora una volta la storia è maestra di vita, per cui diventa più pregevole, l’opera di Santo Gioffrè. C’è solo da sperare che qualcuno ne comprenda anche il valore pedagogico e doti le biblioteche scolastiche calabresi di questo ottimo volume. Filippo Tucci

"Oggi sono uno di loro" di Filippo Tucci

27 gennaio...la giornata della memoria


Il Giorno della memoria (per ricordare ai giovani)
OGGI SONO UNO DI  LORO
di Filippo  Tucci
Oggi, nel mio viaggio verso Mauthausen, sono uno di loro. Una larva d’uomo tra le molte decine di migliaia che, muti ed attoniti, compongono l’interminabile fila che dalla stazione ferroviaria si snoda lungo i pendii che portano in collina, al lager. C’è il sole, la lieve brezza mattutina, il verde dei prati. Ma i miei occhi non vedono: sono spenti dalla sofferenza. Ho solo orecchie per ascoltare i lamenti dei bambini, i singhiozzi delle madri, il faticoso ansare dei vecchi. Non odo le urla inferocite dei carnefici, né i cani che riducono a brandelli la mia carne, né il crepitio del mitra. Non soffro per lo scudiscio che riga la mia schiena, né per l’appuntito selciato percorso a piedi nudi. Ascolto il mio cuore. Il mio cuore che anela alla Libertà’, ad un mondo più giusto, alla Fratellanza ed alla Pace. Libertà: sono morti nel suo nome i miei fratelli di ogni lingua e colore. Moriamo anche noi, morranno coloro che stimano questo il massimo bene della loro condizione. Perché? Forse perché è più facile immolarsi ad essa, anziché possederla, attuarla e rispettarla, se ancor oggi – nonostante i fiumi di sangue di cui è stata intinta la terra –  gli uomini si ripetono nel tentare di sopprimerla e nel morire? O forse, quotidianamente, gli spiriti eletti si sacrificano  perché non è stata ancora placata l’ira della tirannia, questa mostruosa dea alla cui ara fu portato, in olocausto, il nostro sangue? Il calvario continua. Una tetra e sinistra fortezza ci attende, ci inghiotte, ci cancella dal mondo dei vivi. Ora siamo dei numeri. Nello spazio limpido echeggiano secchi comandi; nudi ed inermi per ore sotto il sole, ora rovente. Il bimbo continua il suo pianto, il vecchio si accascia al suolo. Il mitra riprende il suo lugubre inno alla morte. Il sangue colora di rosso vermiglio la terra, il bimbo tace. L’urlo e lo strazio di una madre.
La lunga scala, interminabili e disuguali gradini, con i macigni sulle spalle. La paura di fermarsi, il terrore di cadere, l’angoscia per chi non ha resistito al tremendo sforzo. Centocinquantesimo gradino: le gambe appesantite, i piedi striscianti sulla pietra. Ancora più su. Centosessanta: le mani tremano, la spalla una piaga. Centosettanta:  la fronte imperlata d’un gelido sudore misto a sangue, la schiena curva sotto il peso. C entottanta: le ginocchia si curvano, sibila la frusta, cola il sangue. Centottantasei: l’incubo è finito per chi si è fermato, continua per i sopravvissuti  finchè non resteranno solo gli aguzzini per la tragica scalata.
Il corpo esangue e denutrito, uno scheletro ormai, viene avviato all’ultimo martirio. Il numero si cancella. Mani di sciacalli mutilano le membra. Il gas spegne l’ultimo anelito di vita. Il fuoco ridà alla natura quel che le appartiene.
I duecentomila di Mauthausen sono ora la polvere che noi calpestiamo, sono i fiori e le piante di questa terra. Il loro messaggio ci viene dalle steli marmoree e dalle parole scolpite sulle lapidi. Hanno molte lingue, i martiri dei lager, ma in russo,inglese o italiano le loro parole sono un inno alla Libertà, alla Democrazia, alla Pace fra i popoli.
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Questo scritto  di Filippo Tucci è tratto dal volume “Un viaggio, una memoria” edito dalla Amministrazione Provinciale di Como nel marzo del 1967.